Rinascente, Upim e Standa: la storia degli indimenticabili "grandi magazzini" baresi
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giovedì 21 ottobre 2021
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di Gaia Agnelli e Mattia Petrosino
Dei “paradisi dello shopping” dove era possibile acquistare prodotti provenienti da tutta Italia, in cui le commesse erano vestite in maniera inappuntabile e che, posti su più piani, erano dotati di avanguardistiche scale mobili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Antesignani degli attuali ipermercati, giunsero tutti dal Nord Italia, portando anche al Sud l’idea di “spesa in grande” in precedenza diffusasi in Inghilterra e in Francia grazie ai primi due grandi magazzini sorti negli anni 30 nell’800: l’“Harrods” di Londra e “Le Bon Marché” di Parigi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In Italia furono i fratelli Bocconi a importare nel 1865 questa novità, inaugurando accanto al Duomo di Milano un’attività di abiti confezionati ispirato al modello parigino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A Bari i grandi magazzini arrivarono sì in ritardo, ma in “pompa magna”: a loro vennero infatti dedicati grandiosi palazzi progettati su misura da importanti architetti. Edifici ancora esistenti, ma occupati nel frattempo da uffici e altri esercizi commerciali che hanno preso il posto di Rinascente, Upim e Standa, scomparsi dal capoluogo pugliese agli inizi del nuovo millennio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma ecco la storia dei tre grandi magazzini “baresi”. (Vedi foto galleria)
La Rinascente – La sua origine risale al 1917, quando l’imprenditore milanese Senatore Borletti acquistò l’attività dei Bocconi per evitare che questa fallisse, trasformandola in “La Rinascente”, nome coniato dal poeta Gabriele D’Annunzio per indicare la “rinascita” del negozio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sin da subito si affermò come il magazzino più prestigioso d’Italia, sinonimo di eleganza e qualità. Una fama che condusse all’apertura di numerose sedi sparse per il Paese, tra cui quella barese, che fu inaugurata nel 1922 in via Sparano ad angolo con via Nicolai.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Attività che si spostò poi, nel 1925, in un palazzo creato ad hoc per La Rinascente. Quest’ultimo, situato sempre in via Sparano ma all’incrocio con via Piccinni, fu ideato in stile art nouveau dall’architetto Federico Rampazzini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Lì si trovava di tutto – racconta l’86enne Francesca –: capi ricercati e di marchi costosi, articoli da regalo, giocattoli per bambini, cosmetici e profumi. Ci passavo ore dentro, ogni sabato pomeriggio, provando mille fragranze, anche se poi bisognava tenere in conto il tempo da perdere alla cassa, dove si creava sempre una fila interminabile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la Rinascente portò a Bari anche una grande e “divertente” novità: le scale mobili. «Quando ero piccola – dichiara la barese Giorgia – entravo nel negozio soltanto per salire e scendere, correndo poi tra i reparti. E come me c’erano tanti bambini che avevano scambiato il locale per un parco giochi: spesso staccavamo i pallini attaccati alle grucce per indicare la taglia dei vestiti e li usavamo per giocare a “biglie”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il palazzo ebbe un importante ruolo anche durante la Guerra, visto che nella parte alta era collocata una delle campane che propagavano in tutta la città l’allarme antiaereo. E continuò a essere un punto di riferimento del commercio cittadino anche quando, nel 1969, passò alla Fiat della famiglia Agnelli che ne mantenne la proprietà per quasi quarant’anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La Rinascente lasciò il capoluogo pugliese nel 2007, quando il nuovo gruppo di investitori che l’avevano rilevata vendette i locali oggi occupati dalla multinazionale svedese dell’abbigliamento H&M. L’edificio però non ha mai dimenticato la sua prima inquilina, continuando con fierezza a conservare sulla propria cima la vecchia insegna, oggi cimelio di quello che per quasi un secolo è stato il simbolo del commercio di via Sparano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Upim – Nel 1927 aprì in piazzale Loreto a Milano un magazzino dal nome “Società Anonima Upi” (Unico Prezzo Italiano), che offriva articoli di vario tipo a costi economici che andavano da 1 a 5 lire. A fondarla fu sempre Senatore Borletti, già proprietario della Rinascente, che decise questa volta di puntare a una clientela di fascia medio-bassa rispetto a quella della sua catena più lussuosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Assunto il nome di Upim (con la “m” di Milano) nel 1928, il grande magazzino si specializzò nella vendita di abbigliamento, merceria, giocattoli, arredamento e addirittura dolciumi. E dopo numerose sedi aperte in tutta Italia, fece tappa anche a Bari nel 1929, prendendo posto all’interno del palazzo dove risiedeva La Rinascente, sua "sorella maggiore". E venne così aggiunta allo stabile la sua insegna a neon, sia verticale sia orizzontale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Era un negozio alla portata di tutti – afferma la 48enne Claudia –. Da piccola ci andavo per comprare la classica cartella rettangolare di quei tempi e il grembiulino celeste. Rappresentava l’ideale per le spese scolastiche, solitamente abbastanza corpose, perché offriva prodotti di qualità a un prezzo accessibile».
Anche l’Upim nel 1969 passò nelle mani del Gruppo Fiat e tra gli anni 70 e 80 aprì una seconda sede in via Crispi, nei pressi di piazza Garibaldi. Abbandonò infine la città nel 2007, seguendo le sorti della coinquilina Rinascente. Anche se proprio recentemente, nel 2020, un negozio con lo stesso nome (oggi gestito dalla catena Ovs) ha aperto un suo punto vendita all’interno dell’Ipercoop di Santa Caterina.
Standa – Nel 1931 l’ex direttore di Upim Franco Monzino fondò a Milano la “Società Anonima Magazzini Standard”, nome poi modificato nel 1938 in “Standa” (Società tutti articoli nazionali dell'abbigliamento e arredamento).
A Bari accolse il pubblico in quattro sedi diverse. La prima fu inaugurata in un edificio realizzato nel 1961 dal famoso architetto Vito Sangirardi (oggi casa della Ripartizione tributi del Comune). Si trovava in corso Vittorio Emanuele, davanti all’entrata dell’antico Albergo Diurno e accanto al Palazzo della Prefettura.
Successivamente vennero avviati gli altri tre centri: in via Omodeo, ai piedi dell’Hotel Ambasciatori, in via Brigata Regina ad angolo con via Crispi e a Carrassi in corso Benedetto Croce all’incrocio con via Montegrappa.
Quest’ultimo era sviluppato su tre livelli. Al piano terra vi era il reparto dell’abbigliamento, in quello interrato il settore alimentare e nel superiore prodotti di arredamento, cartoleria e trucchi.
La Standa spopolò, vista anche la varietà della merce venduta al suo interno, che come detto comprendeva anche generi alimentari. «Fu lì che trovai per la prima volta la pasta all’uovo Barilla – afferma l’80enne Giuliana –. Per i miei nipoti poi ogni scusa era buona per andare a fare la spesa, dato che si avevano giocattoli in omaggio: dai pupazzetti dei formaggini Mio e Susanna agli animaletti del dentifricio Binaca».
Ma la Standa era anche nota per i piccoli ladrocini commessi al suo interno. «Tutti hanno “preso” qualcosa da lì – ammette il 56enne Michele –. Non si trattava di un furto, ma di un rituale. Parliamo di sciocchezze come le palline da ping-pong, i soldatini o gli ombretti per le femminucce. D’altronde in un ambiente così ampio e poco controllato era impossibile essere colti in flagrante».
Indimenticabili erano anche le commesse. «Giovani e bellissime venivano chiamate “le signorine della Standa” – rammenta il 75enne Nicola –. Sembravano delle hostess, tutte con i tacchi e in divisa bianca e blu e si mostravano preparatissime su sartoria e moda».
Il successo durò sino al 1998, quando Silvio Berlusconi (proprietario dal 1988), decise di vendere l’attività scorporandola in vari marchi tra cui Ovs, Coin e Conad. Le sedi baresi chiusero così irrimediabilmente i battenti tra la fine degli anni 90 e l’inizio dei 2000, lasciando il posto a uffici, palestre e megastore cinesi.
(Vedi galleria fotografica)
* Con la collaborazione di Giancarlo Liuzzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Antonio Colavitti - Unione Piccoli Imprenditori Milano (Milanesi) UPIM, vero acronimo